L'enigma di Kaspar Hauser - Werner Herzog

L'enigma di Kaspar Hauser - Werner Herzog - 1974 - 110'

Posso iniziare col dire che è un film bellissimo, un capolavoro discutibile solo per il piacere di parlarne, e tra i film più belli di Herzog? Kaspar Hauser è il film che gli ha dato la notorietà internazionale e che ha rivelato a tutti uno sguardo realmente sperimentale sul cinema, sul rapporto con la storia, con i personaggi. Herzog è sempre alla ricerca della verità meno comoda, e questa ricerca costante si avverte in ogni scena, nella scelta di ogni comprimario, nella rinuncia a qualsiasi effetto che non sia necessario.
Io non lo sapevo, ma Kaspar Hauser in Germania è un personaggio celeberrimo. Qui da noi non è arrivata al grande pubblico una storia che potrebbe essere raccontata da Disney in persona. (Disney è già nel dizionario del blog, pensa...)

In ogni caso, al di là della trama e quindi della storia di Kaspar, che è quasi al confine con la mitologia, quello che interessa è il rapporto che Herzog instaura tra sé, la leggenda, e la potenza di uno sguardo sul mondo completamente nuovo, estraneo alle logiche che siamo abituati a praticare. E tutto questo discorso non è mai didascalico, pur essendo profondamente narrativo, ma sempre cinematografico. Quando ho visto questo film per la prima volta, qualche anno fa, quello che mi è rimasto nella mente per anni, facendomelo amare anche oggi, è la ripresa delle città e della natura. Quando si parla di descrizione cinematografica di un ambiente bisognerebbe fare riferimento a film come L'enigma di Kaspar Hauser. Dopo pochi minuti ero già dentro Norimberga del 1800. La scelta delle inquadrature delle strade, dei dettagli architettonici è abbagliante, mi fa provare invidia e gratitudine. Le rare volte che ho ripreso una città, ho sempre ripensato a due film, questo e un documentario di Pietro Marcello, che mi ha insegnato a riprendere il buio senza averne paura. La fotografia, per dare un dettaglio in più, è di Jorg Schmidt-Reitwein che aveva già lavorato con Herzog e continuerà a farlo ancora per qualche film. Su Imdb, come al solito in questi casi, si possono trovare tutti i dettagli. 

Del rapporto tra Herzog e la leggenda si potrebbe parlare per ore; è al centro di alcuni tra i suoi film più importanti, e dove la leggenda non è "reale" come in questo caso, ne ha spesso inventata una lui. Un caso per tutti: Fitzcarraldo. Altri registi si sono soffermati e si attardano ancora, anche dopo aver visto le strade conosciute da altri, sugli sviluppi narrativi della leggenda. Herzog, che è a tutti gli effetti un autore di cinema narrativo, sceglie invece di concentrarsi sul punto di vista di chi la leggenda la sta creando. La forza di questo film, per tornare a parlare di questo, è la scelta di questo punto di vista. Non inganni il finale, che regala alcune battute divertentissime al notaio. E' solo la chiusura ironica di chi si è permesso per tutto il film di adottare il punto di vista dello straniero, del diverso, di chi la storia l'ha composta nel suo divenire. Non è solo un espediente tecnico; la stessa cosa ad altri registi non sarebbe riuscita, non è sufficiente fare del protagonista un portatore di rivoluzione e metterlo al centro del film per fare un film rivoluzionario. 
Herzog gira film di cinema narrativo classico; il suo cinema e soprattutto il suo atteggiamento, negli anni dei movimenti politici degli anni '60 e '70, a cui peraltro non ha partecipato, gli è costata la fama di fascista, e mai c'è stato qualcosa di meno fascista nel cinema di Herzog, che invece è un regista nato classico, lontano dalle sperimentazioni formali ideologiche e più vicino a forme di sperimentazione funzionali al racconto e alla scoperta. La scoperta dell'altro in questo film, la scoperta del rapporto tra l'uomo e la natura in altri casi, la scoperta di modi di pensare estranei in altri film ancora, la scoperta di stati d'animo primordiali e faticosi. 
Herzog, come pochi altri, e questo lo pone immediatamente fuori suo malgrado dai movimenti, è un autore nato classico. Kaurismaki, per fare un altro esempio di autore contemporaneo nato classico, è altrettanto al di fuori di ogni movimento politico. Eppure sono politici di per sè stessi, per le immagini che girano. Con le conseguenze che questo lavoro ininterrotto porta. Se proprio una critica si vuole muovere,le uniche possibili sono l'individualismo, e qualche traccia di romanticismo, intrinseche a posizioni del genere. Herzog però ha dimostrato, con i film e con la prassi di lavoro, di essere un uomo e un regista, ancorchè pessimista, profondamente sociale.

Tornando a Kaspar Hauser; raramente Herzog ha scelto di essere pittorico in senso così storicamente paesaggistico. Le immagini di questo film hanno il potere di essere moderne e leggendarie. Addirittura l'effetto flou è usato in senso narrativo, pur conservandone la natura pittorica. L'effetto flou è una trappola cinematografica mortale; Herzog ne esce fuori in questo film con immagini naturali e funzionali, immaginifiche, letterarie e cinematografiche.



Dello sguardo di Kaspar sul mondo si è parlato molto; è uno sguardo che sovverte perché reinventa quello che vede, ristabilisce le regole dello sguardo, dal buio della caverna all'apertura del fuori. Cinematograficamente questo significa, scusate il linguaggio alla Ghezzi de 'noartri, aprire costantemente, per curiosità, perdendo sempre, sprecando la luce, il diaframma dello sguardo. Improvvisamente il problema non è più il quesito di logica o l'esistenza di Dio. Il problema è: dove sono rispetto al problema di logica e rispetto all'esistenza di Dio? La domanda fondamentale del film è questa. Dietro la leggenda, dietro la storia, la tecnica e il caso, la domanda è: dove vogliamo stare? Siamo disponibili a ridiscutere la realtà?
Bruno S., il protagonista del film, è stato al centro di qualche interesse, a volte piuttosto morboso; la domanda non è chi sia Bruno, ma come ha conosciuto Herzog. La domanda conseguente sarebbe cosa fa adesso, cosa ne è stato di lui, ma in fondo ci riguarda poco.
Il titolo del film in tedesco (Jeder für sich und Gott gegen alle) non ha nulla a che vedere col neutrale titolo italiano e sta per "ognuno per sè e Dio contro tutti". 
I riferimenti filosofici nel film sono abbondanti; anch'io che sono quasi a digiuno ne avverto la presenza. Evito a tutti di parlarne. Un giro su internet aiuta a restringere il cerchio. 
La scena in cui i freaks, compreso Kaspar, scappano dal circo e vengono ripresi, è in assoluto tra le scene più tristi che abbia mai visto. Una grande fuga però.
Un'ultima immagine:

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