La pianista - Michael Haneke

La Pianista - Michael Haneke - 2001 - 131'

Appartiene per me alla categoria dei film comprati nei centri commerciali. Quando entro, mio malgrado, in un centro commerciale, butto sempre uno sguardo ai film in offerta; capita ogni tanto qualche film dimenticato, che volevo vedere e non ho mai visto, qualche film immeritatamente trascurato al cinema, magari recentissimo, che cerca di rifarsi con il mercato home video. Quando ho visto il dvd, quindi l'ho comprato. Non mi aspettavo un capolavoro, non sono mai stato un fan di Haneke, ma nemmeno pensavo di trovarmi di fronte a un film così arrogante e vuoto e borghese.
Cerca lo scandalo e non lo troverà mai, neppure quello, perché è tutto così approssimativo, falso, compiaciuto, che non ci si crede mai. Non bastano il sadomaso e un rapporto della protagonista con la madre particolarmente opprimente, non basta una scena di voyeurismo, un'altra di sesso orale con la telecamera sempre puntata sulla faccia di lui, inespressiva come la divisa da hockey che indossa. Nonostante tutto quello che succeda, le perversioni possibili ci sono praticamente tutte, manca giusto la necrofilia, ci si annoia a morte. Se è possibile cerco di evitare di mettere me stesso al centro della visione, ma in questo caso sul film c'è talmente tanto poco da dire che mi aiuta a ricreare l'atmosfera della visione stessa: abbiamo dovuto aprire la finestra per far uscire la noia mista all'incredulità che si potesse ancora girare un film così. Non c'è istituzione borghese o repressione sessuale e culturale che non venga rafforzata da questo film.


Haneke si fa gloria ancora una volta dello stile, della descrizione fredda di alcuni ambienti, ma non c'è nemmeno l'ombra della verità in nessuna situazione. Tutto è troppo concentrato su sé stesso per riuscire a smuovere qualche spettatore e tutto lo stile del mondo non è sufficiente a raccontare una storia che oltretutto si vorrebbe complessa come questa, e che invece è molto più che superficiale, perché è arrogante, è reazionaria, misogina. Dispiace vedere la Girardot in un film così. E a proposito degli attori: Isabelle Huppert può essere considerata a ragione straordinaria, ed è stata premiata a Cannes. Mi può andare anche bene, anche se un'interpretazione del genere è comunque molto agevolata dalla miseria del resto del film. Ma che si sia premiato anche il film e poi l'interpretazione del protagonista maschile (Benoit Magimel) è veramente un abbaglio clamoroso, pari a pochi altri nella storia di Cannes.

Torno un attimo alla trama, per un'ultima considerazione, leggermente disarticolata: il film è tratto da un romanzo di Elfriede Jelinek, austriaca come Haneke e vincitrice del Nobel nel 2004. Confesso di non averlo mai letto, ma cercando di informarmi un po' adesso, mentre scrivo, scopro che le recensioni che ne parlano si dilungano spessissimo sull'ironia e sulla critica sociale continua del romanzo. Il film si concentra invece quasi esclusivamente sul personaggio principale, intaso anche nei rapporti con i tre personaggi più importanti; la madre, l'amante e l'allieva. Questa scelta narrativa rafforzerebbe lo stile di Haneke che diventa però ripetizione e giustificherebbe una serie di scelte tecniche che sarebbero potute essere mantenute anche su un impianto narrativo meno superficiale. Mi si dirà che la critica c'è ancora, che la tecnica di ripresa, lo stile di recitazione, la scelta delle musiche, la fotografia contribuiscono a creare un clima che è un personaggio indipendente. Credo che sia vero in altri film. Tutto lo sfoggio tecnico in questo film è completamente autoreferenziale, al di fuori di qualunque rapporto con lo spettatore, chiamato solo a scandalizzarsi e a tornarsene a casa rassicurato di essere sadico, né masochista, né represso, in conflitto con la madre, invidioso, cattivo, vestito male e senza speranze. Quello che infastidisce particolarmente è la concezione che Haneke dà del diverso. La pianista Huppert in fondo non è altro che una persona con alcuni problemi; probabilmente ne conosciamo un paio anche noi. Di sicuro due persone che conosco hanno rapporti con i propri genitori molto più complicati e dolorosi di quello raccontato in questo film. Non c'è mai nel film un tentativo di comprensione, non in senso cristiano, ma di desiderio di conoscenza reale, mai un'ipotesi di comportamento diverso dal diverso già precostituito. La pianista è troppo psicopatica per dimostrare un reale interesse da parte di Haneke ai problemi di relazione, sessuali, familiari, di gestione dell'aggressività. Nel romanzo, questo aspetto forse è mitigato, o meglio, reso funzionale, dalla critica alla società contemporanea austriaca. Non l'ho letto, ripeto, e non posso esprimermi se non per supposizioni. Il film elimina completamente questo sotto testo e mi sembra solo l'esercizio di un regista forse sopravvalutato, che fa finta di nascondere dietro le tecniche eccellenti, dei significati nascosti, l'esplorazione delle psicologie umane e la critica fredda dell'umanità. E invece assistiamo solo all'esplorazione del suo ego e del suo perbenismo.
Tra le varie altre, internet è pieno di recensioni di questo film, alcune anche interessanti, quelle del sito Spietati.it hanno il vantaggio di essere in contrasto tra loro.
recensioni da Spietati.it

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