La Soufrière - Werner Herzog

La Soufrière - Werner Herzog - 1977 - 30'

Durante la lavorazione di Woizeck, l'isola di Guadalupa viene fatta evacuare. Sembra ormai prossima l'esplosione del vulcano che la sovrasta. Un'eruzione simile a inizio secolo ha provocato migliaia di morti sull'isola di Martinica. Nel film si parla brevemente anche di questa eruzione; l'unico sopravvisuto fu un ladro, Auguste Ciparis, che si trovava rinchiuso in isolamento protetto da mura di pietra particolarmente spesse. Alla notizia della prossima eruzione, un'eruzione non solo lavica ma esplosiva, in grado di distruggere completamente la montagna e la città sottostante, e soprattutto alla notizia che un uomo si rifiuta di andarsene e si trova ancora lì, Herzog decide di partire immediatamente. Gli uomini sull'isola si riveleranno essere tre, ma si tratta della porzione di film paradossalmente meno interessante. Herzog in realtà parte per filmare la fine del mondo; non riesce a filmare l'esplosione del vulcano che non c'è mai stata, ma filma in effetti la cosa più simile all'improvvisa estinzione del genere umano.


Il film in assoluto più pericoloso di Herzog, che per filmare la morte le va letteralmente incontro. Ci sono frammenti del film che lasciano a bocca aperta dal terrore che tutto stia improvvisamente per finire. Vale la pena citare i due operatori che sono partiti con Herzog, Jorg Schmidt-Reitwein e Edward Lachman. Per loro nemmeno la gloria, ma solo l'esperienza oltre l'immaginabile di questo film. Le immagini della città deserta, popolata solo da luci, rumori e qualche animale in cerca di cibo sono tra le più potenti mai viste. Il concetto di caos è quasi realmente visibile. Herzog è abilissimo a giocare con il senso di grandiosità che questo tipo di immagini trasmettono e sembra quasi di dover assistere da un momento all'altro all'inizio di una nuova vita. Quella che c'era prima è morta.


Le brevi interviste con gli uomini rimasti sull'isola aprono uno squarcio non più naturalistico ma politico; queste persone sono lì perché un posto vale l'altro, vivere o morire non fa più grande differenza, soprattutto non è più possibile ricominciare. Non ci sono risposte alla domanda, l'unica domanda che abbia senso fare: perché siete qui? Dio, che viene chiamato in causa con ingenua ripetitività, è evidentemente molto lontano. Herzog ha l'intelligenza e la sensibilità di non proseguire a indagare. E del resto, lo si capisce presto, l'interesse di Herzog è tutto rivolto alla natura, alla fine del mondo, a se stesso in questo contesto.
La natura, la morte - Herzog è abbastanza pragmaticamente mistico da poter permettere queste parole - si rifiutano di farsi filmare. L'esplosione non ci sarà mai. Le ultime parole di Herzog che recita come voce fuori campo sono: "Per noi, le riprese per questo film hanno assunto un aspetto patetico, e così tutto è finito con un nulla di fatto e nel ridicolo più completo. Ora diventerà il documentario di una catastrofe inevitabile che non si verificò". Questa delusione, comprensibile e totale, gli ha probabilmente salvato la vita.


Questo è il momento storico in cui è possibile per chiunque ne abbia voglia filmare praticamente (quasi) qualsiasi cosa, ed è una cosa molto positiva, oltre che affascinante, sicuramente rivoluzionaria. Un film come La Soufrière rende chiaro che è necessario uno sguardo allenato, e una padronanza tecnica notevole anche per fare l'esploratore. 
Herzog, come poi molto spesso nei suoi film, usa la musica in senso drammatico, le immagini in senso narrativo, una voce fuori campo il più soggettiva possibile e in poche parole nel '77 ha già messo da parte la dicotomia idiota tra finzione e documentario. Anche in questo caso vale la pena sottolineare la conoscenza profonda della musica, del ritmo di un film, la tecnica di scrittura. Raramente si vede un documentario "raccontato" così bene. 
 

Commenti

Post più popolari