Sonetàula - Salvatore Mereu

Sonetàula - Salvatore Mereu - 2008 - 157'

Avevo perso Sonetàula quando è uscito nel 2008; la distribuzione, nonostante la partecipazione al Festival di Berlino, non è stata capillare. Ho letto di un passaggio televisivo in Rai in due puntate, con il film doppiato in italiano (l'originale è in due o tre varianti di dialetto sardo), alcune scene girate appositamente. Insomma, una versione televisizzata, che in ogni caso spero abbia incontrato un pubblico ampio. Sempre meglio dell'ennesima fiction su qualche forza di polizia o su qualche santo.
Mereu è considerato uno dei registi italiani emergenti, e al tempo si parlò addirittura di scuola sarda. Dopo Sonetàula c'è stato l'esperimento di Tajabone, che è un film a tutti gli effetti, ma che per la sua natura ibrida a metà strada tra documentario, saggio e fiction ha trovato una distribuzione ancora più carente, nonostante la partecipazione a Venezia, segno che una certa attenzione produttiva c'è stata. Su internet ho trovato questo articolo del Sole 24 ore su Tajabone, per chi avesse la voglia di approfondire. Si può dire quindi che Sonetàula è il suo ultimo lavoro con qualche seria speranza di visibilità.
Una certa rigidità tematica non aiuta a trovare i finanziamenti, questo è sicuro; ma non fa piacere sapere che l'industria cinematografica italiana non creda mai a un cinema diverso. E Mereu non propone nient'altro che un cinema appena più scarno della media contemporanea. Sonetàula è in fondo un film narrativo classico, cronologicamente lineare, che nella seconda parte prende la forma di un feuilleton, con un ritmo peraltro molto televisivo. C'è da dire che non solo Mereu trova difficoltà a farsi finanziare il prossimo film; tolti i casi celebri di Sorrentino e Garrone, che non possono essere più considerati emergenti, non mi viene in mente un nome di regista italiano sostenuto dall'industria in questo momento.


Prima di ricominciare a parlare del film; girovagando alla ricerca di qualche opinione interessante sul film, ho trovato questa breve dichiarazione di Mereu su un blog. E ancora una recensione, su un sito diverso. Ho deciso di mettere più di un link, quando spesso non ne uso nessuno, perché il film ha risentito di critiche, positive o negative, dovute più alla sua provenienza che al suo effettivo valore. Ne propongo due, ma cercando se ne trovano, come al solito, decine. 
Il film non è perfettamente riuscito, e a una prima parte molto bella, secca, con inquadrature quasi da cinema novo brasiliano, ne segue un'altra molto più didascalica, lenta, dallo sviluppo prevedibilissimo e tecnicamente molto meno rigorosa. Il tutto dura due ore e mezza circa, che è una durata coraggiosa e soprattutto è una durata che spiega, almeno in parte, la natura ambiziosa del film. Che non è un film documentaristico sulla Sardegna o sul banditismo, ma un tentativo di epopea raccontata attraverso gli occhi di un personaggio che cresce insieme al film e accompagna la storia della Sardegna dagli anni trenta agli anni cinquanta. Soprattutto nella seconda parte del film, questa intenzione è molto chiara, e i modelli sembrano più quelli di certo cinema francese moderno, che punta a ricostruire una tradizione cinematografica narrativa classica. Di certo non si avvertono nella seconda parte del film influenze dal cinema documentario, né mi sembra di vedere particolare attenzione rivolta agli aspetti storici. Il film rimane a metà strada, senza convincere nessuno dei potenziali spettatori, probabilmente perché, al di là delle intenzioni di libertà espressiva, Mereu fa i conti da un lato con le esigenze produttive, in questo caso soprattutto della televisione, senza la quale probabilmente questo film non sarebbe mai uscito, e dall'altro con la propria ambizione che lo porta a voler chiudere nel film troppi temi, individuali e collettivi. 


Se la seconda parte del film è riuscita male, la prima però è molto emozionante. L'interprete principale è molto convincente e la sceneggiatura è compatta. Dopo aver visto come va a finire, sembra un altro film. La scelta di usare il dialetto di una zona della Sardegna connota il film senza appesantirlo, la gestione dei tempi morti funziona benissimo perché molto spazio è lasciato alle immagini. Si vede, si sente che Mereu non è del tutto estraneo al pensiero di partecipare a qualche festival importante e questa scelta rende il film meno fluido. Ma alcune sequenze e un paio di personaggi restano nella memoria. La madre, che ha una parte marginale, ad esempio è molto potente. E il personaggio di Giobatta, che pure ai fini del racconto non sembra determinante, è quasi un capolavoro. Ero molto fiducioso su tutto il resto del film. La seconda parte, come già detto ormai più di una volta, invece delude completamente. Improvvisamente si esce da questa dimensione sarda incredibilmente simile al sertao del cinema novo e si entra in una specie di abbozzo storico più simile a La meglio gioventù. 

Un problema davvero molto imbarazzante secondo me, per un film a basso budget ma che comunque è costato circa quattro milioni, è la scelta inspiegabile, tecnicamente e artisticamente, di lavorare con quattro diversi direttori della fotografia. Devo immaginare che ci siano state delle incomprensioni con la produzione, dei problemi di organizzazione, perché non posso credere a un regista, anche se al secondo lungometraggio, che sballa completamente la fotografia, oltretutto di un film così ambizioso. Raramente capita di vedere una fotografia così approssimativa; a un certo punto del film c'è una scena in cui i banditi attaccano un furgone. Non si vedeva un effetto notte fatto così male dai tempi delle centinaia di produzioni italiane all'anno, in cui finiva di tutto, improbabili western compresi. Ancora; improvvisamente, in un interno che ricordo male, diventa tutto rosso. D'accordo che è arrivata l'elettricità, ma nemmeno a Las Vegas le luci notturne sono così. Ma sono solo due esempi di una gestione della fotografia amatoriale, inadatta a un film pensato per un pubblico abituato a standard molto più alti.
Questo è un film strano: appena finito di vedere ti restano in mente le immagini della morte di Giobatta, delle pecore sgozzate per vendetta, dell'insofferenza adolescenziale. Ho tirato fuori il dvd felice di averlo visto, come se avessi completamente saltato tutta la parte dell'amore impossibile, dei carabinieri, di un'azione del tutto estranea allo sviluppo del film. Poi ripensando idea per idea, ricordo per ricordo, quasi scena per scena, saltano fuori difetti abnormi. Non ne sconsiglio la visione, questo no; la prima parte è notevole, molto emozionante. Però comincio a spiegarmi come mai a Berlino molta gente sia uscita dalla sala, che è una cosa sgradevole da fare, e che, immagino, non sono mai stato al Festival di Berlino, non deve succedere di frequente. Sintetizzando: è un film pensato per i festival, per quel tipo di pubblico; e già questo lo pone in un recinto stretto. Poi le iniezioni televisive hanno fatto il resto, relegandolo ai film mancati. 




Commenti

  1. Figurati, come spam questa è accettabilissima :) :)

    Grazie dei complimenti, mi fa piacere se qualcuno trova interessante il blog. E se ti va, i commenti ai post sono aperti.
    Ciao.

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