Across the universe - Julie Taymor

Across the universe - Julie Taymor - 2007 - 131'

Wikipedia ne parla come di un'opera musicale, e tutti sappiamo quanto Wikipedia sia attenta alle parole; è una parte consistente del loro lavoro. Quindi è un'opera musicale. Il che farebbe pensare a Tommy, e invece siamo ben lontani. Ma non è un brutto film, e se ne penso come a un film musicale, mi viene già più da sorridere.
La dose di volontaria ingenuità richiesta è considerevole. Ecco, questa potrebbe essere la premessa giusta a questo film. Se si è disposti ad accettare che si parli d'amore, di guerra, di rivoluzione, di morte, di lavoro, di musica con quantità di superficialità abnormi, beh, allora è un film carino. Cioè l'aggettivo peggiore che si possa attribuire a un film. Ma in questo caso lo faccio con generosità, la stessa con cui credo sia stato girato il film.


Allora, sarò contraddittorio in questa occasione. Che poi è un atteggiamento che mi piace molto... Il punto è che in questo film è tutto sbagliato. Tranne alcuni attori, tra cui il protagonista maschile, che sono azzeccati, tutto il resto si muove tra mille citazioni, probabilmente anche di più, e nessuna sostanza. Il gusto è quello dell'abbondanza circense, ed è con quello spirito che va visto il film. Tutto quello che poteva entrare, a pieno titolo e di traverso, in un film sugli anni della contestazione, qui c'è; con l'eccesso popolare proprio del circo. Non c'è un secondo, non c'è un fotogramma che sia raffinato; tutto è eccessivo, strabordante. Ci sono perfino le immagini in negativo, e delle pacchianissime animazioni in uno sconcertante balletto che evoca il Vietnam. C'è una visione del Magical Mistery Tour da libro per l'infanzia, di quelli da supermercato però...


C'è l'imitazione di Jimi, c'è quella di Janis Joplin, ci sono personaggi presi da decine di canzoni dei Beatles. E i "cammelli" di Bono, di Joe Cocker. Tutto è talmente incredibile e kitsch da essere però addirittura piacevole, fatto salvo l'atteggiamento ingenuo e disponibile di cui parlavo prima. 
Sarà banale dirlo, ma il vero punto di forza e la vera difficoltà di questo film sono le canzoni dei Beatles. Averle fatte cantare e suonare dagli attori del film non è una scelta così radicale come sembra, perché gli arrangiamenti quasi sempre rispettano lo spirito delle versioni originali, e anzi lo ricercano continuamente. 
I Beatles sono il gruppo pop con le canzoni meno cinematografiche che io conosca. Essere riusciti a farne la colonna sonora e l'asse portante di un film non è un'operazione da poco. E forse un film del genere rappresenta l'unica strada da percorrere con quel materiale. Certo, si poteva fare meglio, si poteva evitare di abbandonarsi così completamente al gusto del kitsch per il kitsch. Ma sicuramente non si può fare un film iperrealista con i Beatles. Scorsese usa i Rolling Stones per i suoi film. Sorrentino, un esempio recente, usa del pop molto più convenzionale, meno caratterizzante. I Beatles non permettono usi diversi da loro stessi. E poi c'è la storia da considerare. Qualsiasi operazione sui Beatles nasce già vecchia e risaputa, esattamente come queste parole. Volerla intraprendere comunque è coraggioso e ruffiano allo stesso tempo. In questo film ambiguo, che si presenta come un gioco innocuo e invece un film non può mai essere innocuo, le canzoni svettano su tutto. Se si riesce a entrare nello spirito giusto, alcune parole, qualche strofa, dei frammenti, sono addirittura commoventi. 
Non è un film imperdibile, e non è nemmeno la parola fine sui Beatles al cinema però, per fortuna forse. E' un altro esperimento industriale su delle musiche e delle persone che miracolosamente sono riuscite a portare il romanticismo, l'amore, il pop, non dico sopra l'industria, ma intrecciato talmente da essere come il detersivo tra i vestiti anni '60 nelle prime lavatrici. 

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