Diari

Esattamente come altri milioni di persone nel mondo, anch'io scrivo un diario. Molti avranno deciso di continuare a scrivere sulla carta, ma per una serie di motivi, principalmente per questioni di praticità, io preferisco scrivere al computer. Non scrivo tutti i giorni, anche se mi piacerebbe avere questa disciplina, ma solo quando ho qualcosa da raccontarmi. Di diari ne ho già buttati un'infinità. Ho inziato a scrivere l'ultimo circa cinque mesi fa.
L'idea è di distruggere il diario a un certo punto della mia vita, così che nessuno possa mai leggerlo. Non c'è scritto nulla di scandaloso o di realmente offensivo nei confronti di nessuno, né ho particolari segreti da custodire, ma penso che un diario, a meno che non sia un esercizio letterario, debba rimanere privato (infatti i diari pubblici sono tra le mie letture preferite, appena dopo gli scambi epistolari). Tutto questo per dire che non ho nessuna intenzione di ricopiare niente su internet, né di scrivere un diario pubblico, né tantomeno di fare di questo blog un diario. Mi sembra già una notizia positiva per tutti.
Tutta questa lunga premessa per un problema che non è nuovo, né originale, ma che mi si è presentato davanti solo un paio di giorni fa. Spesso ho riletto i miei diari, un po' per capire se ci sono dei miglioramenti - nella scrittura, nelle idee, nella visione del mondo e in definitiva in me stesso -, un po' per passare il tempo, che la noia è sempre in agguato e spesso la noia porta a fare queste cose qui e a cercare di rielaborare il passato e quello che si pensava due mesi fa o cinque anni fa. Ho fatto ancora una divagazione e non sono arrivato al punto; il punto è che ho modificato, in realtà quasi impercettibilmente, una parte del diario. L'ho fatto perché potevo farlo, perché è naturale modificare le cose che si scrivono al computer senza che resti traccia di quello che era scritto prima. Ormai le modifiche sono state fatte, salvate, il diario è andato avanti. Però l'idea di aver fatto una cazzata non mi ha abbandonato. Che senso ha scrivere un diario, un diario privato, da scrivere e rileggere in solitudine, quasi come fosse un'auto-analisi, se poi lo si modifica? Sì, ho cambiato due parole, niente di che, e sostanzialmente perché suonavano meglio, ma l'ombra della cazzata è rimasta anche dopo essermi dato questa giustificazione. È il principio della conservazione e della memoria di se stessi che è in discussione. Se posso modificare l'idea che avevo di me stesso e del mondo due mesi fa, quell'idea non vale più nulla. Ora, è evidente che con un diario scritto su carta questa operazione non dico che sarebbe stata impossibile, ma senz'altro enormemente più complessa. Ma non mi interessa porre la questione in termini di rapporto uomo/tecnologie, né credo che sia questo il punto focale. Il punto è che non è utile approfittare della possibilità di cambiare la memoria. Quella parte di me stesso, già viziata dalle mille precauzioni che si prendono normalmente quando si scrive di se stessi a se stessi, conserva ancora un minimo di utilità se resta intatta, mi può servire a qualcosa e capire meglio cosa succede negli anni solo se del potere di cambiarla non ne approfitto. Certo, si tratta di una riflessione banale, ma oggi è andata così. Nel prossimo post magari parlo di cinema, che è meglio. 

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