Shame - Steve McQueen

Shame - Steve McQueen - 2011 - 101'

Con qualche aspettativa siamo andati, un piccolo gruppo composto da me e tre ragazze, a vedere quello che sembrava essere, se non il film del mese, almeno il film della settimana. In un'intervista all'antipatico regista avevo letto qualche giorno prima, o meglio, lui aveva dichiarato di aver provato a misurarsi non solo col tema dell'abuso compulsivo di sesso, ma anche, soprattutto, con un film non narrativo. Nonostante la spocchia insopportabile, non nego che ci abbia davvero provato. E in qualche modo ci è anche riuscito. Il problema è che il film è complessivamente, inesorabilmente noioso. E con alcune scelte di regia per me molto discutibili. Un film con questa struttura narrativa poteva sopportare, ma in realtà si poteva giovare (questo è quello che penso) di un approccio alla regia meno scolastico.


Perché il difetto essenziale di Shame è l'essere programmaticamente alternativo. Si susseguono, magari con alcune scene davvero tecnicamente notevoli, applicazioni di una scuola. E si ha, durante tutta la visione, un senso di freddezza che non passa nemmeno di fronte alle sequenze più dolorose. Ci si distrae, ci si annoia, e non servono gli sforzi di Fassbender, che è coinvolgente quando sta fermo, e stonato quando cerca di imprimere altre facce alla sua. Ci sono tutti gli elementi del film commerciale ma anche sperimentale. C'è la fotografia di un momento della vita di un personaggio, quindi non c'è un vero inizio e non c'è un finale. Ma ci sarebbe da discutere su questo e sulla pretesa di antinarratività, perché il frammento raccontato è quanto di più tradizionale si potesse immaginare. C'è la ragionevole certezza di un rapporto familiare complicato, doloroso, che resta sullo sfondo. E non si capisce dove sta il limite tra il pudore e la mancanza di coraggio. C'è un lunghissimo, tecnicamente molto bello, piano sequenza del protagonista. C'è la rivisitazione della canzone celeberrima. C'è la scena di sesso sovraesposta e confusa. E niente è originale. Niente è fuori posto. Tutto è previsto.

Non c'è nessuna concessione a nessuna voglia morbosa, tutto è raccontato con stile, questo va detto. Forse è il maggior pregio del film. Ma lo stile non basta. Si avverte con forza la mancanza totale di urgenza di fare questo film. Non c'è il cuore. C'è solo la voglia di stupire con l'esercizio tecnico applicato a un tema poco battuto. E vince la noia.
Già durante la visione ho pensato a Ciprì e Maresco; cioè alla versione mostruosa del pensiero sessocentrico. Cosa cambia? Cosa non c'è in Shame e invece c'è in Totò che visse due volte, che mi fa cambiare il giudizio in modo così radicale? Forse la ribellione. Forse una certa visione religiosa del problema della vita. Perché bisogna farsela la domanda: a cosa serve una vita così dolorosa e incasinata? Anche McQueen la domanda se la fa; e infatti la protagonista femminile tenta il suicidio. Forse in Ciprì e Maresco c'è la voglia di piegare una struttura tecnica rigidissima alla potenza del racconto, volontà che in Shame è opposta; qui si piega la storia al piano sequenza. Si barattano i personaggi con le luci. Io non sono contrario all'applicazione tecnica, per niente. E chi riesce a trovare dei nuovi modi di fare cinema è da considerare un genio. Ma non si può prescindere dall'urgenza di dire qualcosa. In qualsiasi modo, ma qualcosa deve avere la volontà e la forza di venire fuori. Se viene fuori anche tecnicamente in modo originale, creativo, tanto meglio. Avrà più forza. Ancora una domanda mi è venuta subito in mente guardando il film, dopo pochi minuti. Girano un sacco di soldi in questo film e il protagonista è quantomeno benestante. Cosa sarebbe questa storia, questo film, con un protagonista povero? O piccolo borghese?
La critica si è emozionata oltremodo per l'interpretazione di New York, New York. Io la trovo stucchevole e banale, ma si vede che ho troppo forte il ricordo di Sid Vicious che canta My way. Cimino ne Il cacciatore aveva osato di più e probabilmente vinto la scommessa che McQueen perde, nonostante la critica.
Due foto che trovato e in fondo un intervista scovata sul sito di Micromega.





L'intervista a Steve McQueen su Micromega

Commenti

  1. Concordo in pieno, giustissime osservazioni,
    Maria

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    1. A ripensarci adesso, forse potevo essere addirittura più cattivo.

      Grazie :)

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